Boldrini Gustavo
Biografia: Gustavo Boldrin nasce a Venezia nel 1927, in Lista di Spagna, nel Sestiere di Cannaregio. Cambierà la firma in “Guy Boldrini” negli anni cinquanta, operando in ambito parigino. Si forma presso l’Istituto d’Arte e poi all’Accademia di Venezia: fra i suoi maestri ed estimatori annovera Felice Carena, Aldo Bergamini, Virgilio Guidi e Bruno Saetti. Negli anni della formazione veneziana stringe fraterna amicizia con Bepi Longo e Giovanni Pontini, ma anche con Raoul Schultz, Angelo Caramel, Bruno Colussi, Girolamo De Stefani. E’ evidente nelle prime opere la corrispondenza intellettuale con Carlo Hollesch. Già dal 47 iniziano i suoi viaggi di ricerca in Europa, alla scoperta dei grandi maestri: in Germania studia Kokoschka, in Olanda scopre Van Gogh, a Parigi è attratto da Utrillo e Rouault. Presente giovanissimo a premi ed esposizioni all’estero, mantiene i contatti con la Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia presso le cui sale espone dal 1951. Dopo un avvio sperimentale, non esente da tentazioni astrattistiche, Boldrini si connota per una ricerca di marca “espressionista” alternando accensioni cromatiche fauviste a studi di paesaggio quasi monocromi e a severe composizioni di figura, da cui traspare la sensibilità dell’artista per le tematiche sociali ed esistenziali. Nel 1955 è presente alla VII quadriennale di Roma; nel1956 è invitato alla XXVIII Biennale di Venezia, dove si segnala come uno dei più interessanti giovani artisti italiani. Nel trasferirsi a Milano nel 1955, a contatto con i volumi squadrati del paesaggio metropolitano, Boldrini percepiscono la necessità di un’altra sintesi spaziale, che spinge la ricerca pittorica ai limiti del figurativo. Risale a questo periodo l’attenzione per la figura femminile, già oggetto di importanti ritratti, ed ora riscoperta come “icona”: diventerà la Donna di Boldrini, dagli occhi smisurati, lo sguardo languido e stupito, l’inconfondibile bocca carnosa. D’altronde l’esigenza di ridurre ai tratti essenziali gli oggetti più amati, fa sì che Boldrini sintetizzi in un’unica pennellata, che diventa la sua cifra inconfondibile, anche le curve della gondola, le volute della Basilica della Salute, i petali fiammeggianti dei tulipani d’Olanda, le forme quasi infantili delle Citroen parigine. A partire dagli anni 70, Boldrini inserisce nelle sue opere un ulteriore elemento modulare: lo “specchio magico”, spazio-struttura e quasi “archivio della memoria”, entro cui organizza, con grande libertà lirica e narrativa, chitarre e tulipani, oggetti d’uso quotidiano, sintetici paesaggi e figure, talora impreziosite da inserti e collage. Nonostante le numerose affermazioni in Italia ed all’estero, la presenza in importanti collezioni italiane, europee e statunitensi, l’attenzione di critici e maestri importanti, Boldrini ha pagato con la marginalità il suo stile d’ultimo bohémien, il suo carattere ribelle e generoso, insofferente di conventicole e gruppi di potere. Rimanere fuori dalle seduzioni della moda è per un artista , un fatto che lo rende apprezzabile. C’è in questa rinuncia una indiscutibile dignità dimostrando di essere rimasto fedele al proposito che si era imposto sin dagli inizi della sua attività pittorica, cioè di non copiare altri, di rimanere fuori da tutte le correnti, di essere sempre e soltanto sé stesso. Questa asserzione trova innegabile conferma in una semplice constatazione. Un suo quadro viene subito individuato. Non c’è bisogno di cercare la firma. Ci si trova di fronte ad un artista non solo dalla individualità ben spiccata, ma anche dal temperamento cromatico solido e raffinato pur nella sua immediata irruenza.. L’artista muore a Salsomaggiore Terme il 2 giugno 1987. La grande antologica del 2008 tenutasi a Venezia presso la Scuola Grande San Giovanni Evangelista, riposiziona l’opera di Boldrini nella storia della pittura veneta ed italiana del dopoguerra.